lunedì 9 giugno 2014

il marina di Shelter bay a Colon

ShelterBay è il marina dove Bulbo Matto ora riposa, in secca, in attesa della stagione 2015. È il porto di arrivo, a Colòn, Panama, di tante barche di navigatori di tutto il mondo che, veleggiando per i Caraibi, ne raggiungono qui il fondo, il punto più sottovento che c'è, da cui, o a fatica si torna indietro, o si prosegue a favore di vento, superando la soglia fisica e psicologica del Canale, là dove inizia l'altra metà del mondo. Non molti arrivano qui, la maggior parte girovaga tra le piccole Antille, vento al traverso e ridossi ogni 20-30 miglia, marina attrezzati e ricettività comunque collaudata, tranquillità garantita, dove anche noi abbiamo trascorso due stagioni indimenticabili. Quelli che arrivano qui sono una selezione tra quelli più intraprendenti, o incoscienti, o stravaganti. Qualcuno forse è addirittura scappato da guai o da un passato inconfessabile. In ogni caso un popolo del mare ancor più interessante da conoscere, con cui chiaccherare al bar, davanti un birra, un pesce o un pollo alla creola. Il marina è bello, nuovo, una decina d'anni, non tanto grande, 4 pontili da una trentina di barche l'uno, un buon ristorante, qualche camera d'albergo, due o tre negozietti con l'essenziale, una piscina. Sorge nell'angolo ovest dell'immenso e trafficatissimo porto di Colòn, punto di ingresso atlantico del Canale, e non ha altro attorno che la magnifica foresta pluviale panamense, uccelli di ogni tipo, scimmie e serpenti compresi. È circondato infatti da un parco naturale senza ombra di presenza umana a parte la strada di accesso, che comprende a pochi km la foce del fiume Chàgres, il cui sbarramento ha creato il lago Gatùn che consente il funzioniomento delle chiuse del Canale. Su questa foce e a sua difesa, in posizione strategica, sorgono magnifiche le rovine del Forte spagnolo di San Lorenzo, cannoni compresi: mancano solo i galeoni all'ancora e le voci dei marinai e dei coloni.. Tra riparazioni, pulizie, revisioni e protezioni alle attrezzature di Bulbo Matto in vista dei mesi di rimessaggio al caldo e alle pioggie torrenziali di qui, ho trascorso delle belle giornate a ShelterBay, incontrando il mondo in transito del popolo del mare che arriva fin qui. Wladimir è francese, ha una barca d'acciaio sgangherata da vero zingaro del mare, un figlio di 17 anni che sta con lui, una moglie giovane e un altro figlio piccolo provvisoriamente da qualche altra parte. Sa cucire vele, o forse solo tele, ma sta cercando di appropriarsi di un capannone abbandonato nei pressi per stabilirsi come velaio del marina. Anche Luis ha una bimba piccolissima malgrado mostri almeno 60 anni, una moglie colombiana a bordo, ha girato 14 anni tra i Caraibi e in mezz'ora mi fornisce un profluvio di utili informazioni di prima mano su Nicaragua, Belize, rotte varie verso nord e verso est, pirati, ecc. Dovrei ascoltarlo a lungo e prendere note scritte ma intanto vedo arrivare Pierri, anche lui francese, vive solo su un catamarano-officina, per adesso è l'elettricista del marina, e mi deve controllare i pannelli solari e l'elettronica, meglio che lo inseguo o non mi farà nulla di quello di cui ho bisogno. Gli mancano alcune falangi, un incidente di bordo? Non so, non faccio a tempo a parlarne.. Numerosi gli italiani: Alberto e Pina hanno comprato una bella barca in alluminio di 20 metri per il loro progetto di giro del mondo. Lo faranno alla grande, con tutte le comodità, così come Marco, anche lui milanese, anche lui manager a riposo, armatore di un Swan 75. Mentre Marcello, genovese, moglie palermitana e figlio di 8 mesi, è "solo" il capitano di un Southern Wind 75, il cui armatore viene invece con moglie e figli quando può, qui e là, dove Marcello e gli altri due marinai gliela fanno trovare, tappa dopo tappa. Costoso e non proprio rilassante, direi.. Marco invece da anni vive e lavora con Enrica e il piccolo Pablo, 6 anni, a bordo di un più "umano" catamarano, con piacere li rivedo dopo averli incontrati l'anno scorso passeggiando su una spiaggia di St. Lucia. La sua filosofia è: se scegli la barca come mezzo di locomozione, che è lenta come una bicicletta, come puoi pensare di avere fretta? Lui attraverserà il Canale tra qualche giorno e solo alle Galapagos vuole fermarsi almeno 2-3 mesi.. Un giorno arriva diritto dalle British Virgin Islands, più di milleduecento miglia a nord-est, anche Gino e due altri amici milanesi. Un giorno appena e la barca, un 54' in alluminio che pare un missile e col proprietario precedente è stata in Antartide e in Patagonia 7 anni, è già in secca per la stagione e loro in aereo verso casa e le loro occupazioni: questo possono fare ed è meglio che niente, dicono.. Anche Danilo, in attesa di mollare il suo ristorante ed il resto (vive in Brasile da più di 20 anni), viaggia a tappe e per quest'anno lascia la barca a ShelterBay. 8 traversate atlantiche, look di conseguenza, giovane moglie rumena e figlio di 6 anni, pare impossibile che non farà anche lui il Canale ed il Pacifico, prima o poi.. Noi il Canale per quest'anno lo abbiamo fatto su un'altra barca, aiutando con le 4 cime prescritte un francese che viaggia da solo con un bel boxer, incurante delle problematiche ovvie (e degli odori) che la cosa comporta. Ancòra non ha deciso se sarà Pacifico tropicale o capo Horn. Certo è molto sicuro di sè e può ben andare dove vuole con la sua bella barca in alluminio, progettata per qualsiasi esplorazione. A metà dell'Atlantico ha avuto un blackout elettrico totale: 1400 miglia da solo, senza pilota automatico e senza strumenti, solo un GPS portatile.. Un mondo vario ed eccitante arriva e passa da ShelterBay, ognuno col suo passato, il suo carattere, le sue aspirazioni. Non ci si annoia, a ShelterBay..

martedì 20 maggio 2014

diario di bordo della traversata verso Panama

Siamo partiti da Cienfuegos che le previsioni non erano del tutto favorevoli, con venti contrari, SE, Ma volevamo fare strada verso la Giamaica. Allora abbiamo aspettato che calasse un pò e abbiamo navigato sottocosta verso i Jardines della Reina, in modo da cercare ridosso se fosse aumentato troppo. Abbaimo trovato vento contro le prime venti miglia. Poi abbiamo fatto un bagno a Gujimico, e abbiamo ripreso nel pomeriggio quando è diminuito. Nella notte è girato a NE, cioè al traverso, ma è aumentato fino a 30kts e più, e alla fine è anche girato di bolina. Abbiamo beccato secchiate d'acqua in abbondanza, e sbattoni sulle onde belli forti. Poi ho trovato un buco dove ridossarci alle 6 del mattino, al Cayo Breton, punta ovest dei Jardines, e qui stiamo adesso a riposarci. I pescatori ci hanno veduto 4 aragoste e 2 dentici per 8 euro, e la pasta di Massimo è stata molto apprezzata. > Ma la navigazione è lunga, 500 miglia da Giamaica a Panama, e come da previsioni accuratamente e preventivamente studiate, vento al traverso largo di 13-15 nodi, onda lunga oceanica, bella, grandiosa, dolce ma comunque sui 2 metri che ci frulla un abbastanza, velocità di 6-7 nodi, sole splendente, riprendiamo il mare. E’ da giorni che è così, e anche la notte scorsa e speriamo la prossima, con la luna piena, uno spettacolo. Prima avevamo avuto, anch’essa prevista, una pioggia torrenziale di una mezzora sotto il capo ovest dell’isola. Ma adesso si va alla grande, sul respiro dell’aliseo. Oggi un capone di un chiletto ci ha allietato il pranzo, l’ho cucinato io, in umido con patate e capperi, levando l’incombenza a Massimo, ottimo cuoco ufficiale. Ho anche appena finito un bel libro, e così scrivo questa mail, mentre mi godo queste ore di magnifica vela oceanica. Oggi Siamo arrivati a Panama, a PANAMA, avete idea quanto sia lontano? per tornare farò 5+8+3 ore di volo (via New York e Londra). Beh, siamo qui,a san Blas dopo una grande, vera navigazione di 750 miglia da Cuba, che è ben 12 gradi di latitudine più a nord. Due notti con vento serio, fino a 35 nodi, ma poi da Giamaica a qui solo gran lasco sui 20 nodi, una pacchia. Non abbiamo regolato le vele per tre giorni. Messo motore solo per le batterie. Ma l'oceano è comunque un'altra cosa: le onde morbide, ma pur sempre 2-3 metri, uno sbattimento continuo. Stanotte l'ultima, speriamo, avventura dell'anno: arriviamo a Porvenir, porto di ingresso delle isole San Blas, Panama, alle 3 del mattino, poco vento e motore a manetta inseguiti da un nuvolone nero che sembrava voler rovesciarci addosso una montagna d'acqua. Navigazione al buio, strumentale, occhi incollati allo schermo del GPS. Ma qualcosa non va, non corrispondono le profondità: dubbio terribile, e se fossimo fuori rotta? Qui ci sono banchi ovunque, pericoli tutto attorno! Poi individuiamo barche all'ancora (nessuna con la luce d'ancora!), siamo a posto! E lo scandaglio? Accendo, spengo, niente, non funziona! Proprio adesso! Prendo lo scandaglio a mano che avevo preparato una volta in Grecia e conservato a portata di mano, just in case.. 10 metri! allora non siamo fuori rotta! Caliamo l'ancora accanto le altre barche, sempre nel buio quasi nero, a parte la luna sopra i nuvoloni, e via! arrivati! a nanna!! abbracci e congratulazioni per questa grande, magnifica navigazione a vela!

giovedì 15 maggio 2014

Lasciamo Cuba a malincuore...rotta su Panama

Oggi, 9 maggio 2014, lasciamo Cuba con molta soddisfazione e un pò di nostalgia. È stato un soggiorno felice, interessante, rilassato, stimolante. Cuba, si sa, è una realtà del tutto singolare, un residuo storico, anzi antistorico, che resiste malgrado tutto al consumismo e al capitalismo. Al costo di una permanente povertà per I cubani, ma assolutamente dignitosa e da non confondere con indigenza. Tutti o quasi tutti poveri quindi, ma senza mancare dell'indispensabile, magari razionato. Anche senza le nevrosi e le tensioni della nostra società, ma anche senza spirito imprenditoriale, senza molte prospettive e iniziative, quasi sospesa, in attesa di non si sa cosa. Per noi capitalisti un'esperienza assolutamente rilassante, serena, umana, felice. L'Avana è una bella città, un centro ancora parecchio delabrè (come la nostra Palermo, del resto), grandi boulevards, monumenti. Scenica, allegra, musica dappertutto. Trinidad ancora fantasticamente coloniale, certo turistica ma autentica, piena di campesinos con i loro carretti di frutta, casette colorate, gente tranquilla per gli affari loro, per nulla travolta dal turismo. I Cayos stupendi, natura allo stato puro, sospesi tra mare e cielo, pieni di uccelli e pesci, silenzi di risacca e vento. La nostra navigazione verso sud, lontano dalle piogge e dagli uragani estivi comincia dura, venti da est fino a 30-35 nodi e onde di conseguenza. Una notte di bolina larga con molte secchiate d'acqua, una di riposo ai Jardines de la Reina, e un'altra al traverso, più maneggevole, fino a Montego Bay, Giamaica. Il ritorno al turismo e all'economia tradizionale è abbastanza triste: gente non sempre gentile, a volte invadente, turisti anglosassoni con una birra sempre in mano e il pancione, case holliwooddiane e resorts di gran lusso accanto alle baracche tipiche dei Caraibi. Macchine dovunque e anonimi shopping centers. Una colonia americana. Peccato, perché la gente semplice è la stessa ovunque, anche qui, dolce e gentile e anche fisicamente bella, anzi tra le più attraenti dei Caraibi, uomini e donne.. Ma adesso basta, le previsioni per le 500+ miglia che ci rimangono sono buone, e domattina si parte. Presto saremo alle San Blas, una settimana ancora prima di mettere la barca a riposo a Colon e noi stessi a casa

domenica 4 maggio 2014

Cuba meravigliosa, immersioni al reef di santa Maria La Gorda

Arrivare nel parco marino di Guanahacabibes, gli indios che per primi abitarono questo paradiso di mare e foresta, nel profondo sud ovest caraibico dell’ immensa isola di Cuba, non è poi così semplice. Per fortuna ci accompagna un autista ( auto particular, qui caldamente consigliate) Sono cinque ore buone d’ auto da Havana, attraversando la regione del tabacco della provincia di Pinar del Rio, una delle più densamente coltivate al mondo . Il governo socialista assicura un discreto seppur minimo livello di vita ai campesinos, anche se la terra si ara con i buoi e l’ aratro, e solo la canna da zucchero si taglia con una grossa macchina meccanica. IL resto, è duro lavoro della mano dell’ uomo. Sino alla cittadina di Pinar si rulla bene su un’ autocarrettera, poi ci si perde tra villaggi agricoli colorati con casette di legno a schiera, senza più alcun cartello stradale, con carri e biciclette che di continuo ti tagliano la strada.. Quando, infine, si lascia la campagna e si entra in un bosco foresta fitto e ombroso, si oltrepassa il piccolo centro visitatori del parco, si sente già odore di mare selvaggio, e si percepisce che orami si è prossimi alla meta. Il mar dei Caraibi qui è protetto dalla barriera ed ha un colore incredibile, la sabbia è bianca come borotalco, il fondale che per alcune centinaia di metri è basso, crea sfumature di verde –azzurro spettacolari prima della scarpata che precipita nel profondo blu. Il golfo delimitato dal Cabo Corrientes è immenso, a stento si intravede la punta più ad ovest con il piccolo centro di pescatori ed un altro hotel della compagnia di stato Gaviota, sul lato di Cabo S.Antonio. Ma è il reef di Santa Maria La Gorda, forse il primo per notorietà tra i sub che vengono qui a Cuba, la nostra meta finale. Qui non esiste alcuna forma di inquinamento e se il reef corallino è a tratti rovinato, lo è solo a causa degli uragani, l’ ultimo che si ricordi a Cuba è del 2003. Per sedimentare la ben frizzante atmosfera della capitale Havana, e dalla navigazione a vela tra i Cayos dell’ arcipelago dei Cannareos , dopo otto giorni di sole, onde, vento, snorkeling, stelle e musica cubana, nonchè un bel numero di mojitos accumulati, ci concediamo un pò di terraferma, il riposo sotto le palme, il silenzio dei fondali, l’ incanto del reef. Protetto dagli anni 70, il parco marino si estende per 15.000 ettari lungo tutta la costa, e deve il suo nome ad una donna, Maria La Gorda, che accolse e nutri’ un naufrago spagnolo a fine 700. Si dice che in queste acque profondissime i relitti spagnoli inesplorati siano ancora centinaia. Le immersioni proposte dal centro sub sono piuttosto semplici, tra i 15 e i 25 metri. Si scende in mezzo a veri giardini di corallo, intatti come acquari, oppure sul bordo del reef. Già a pochi metri si trovano formazioni coralline attaccate alle rocce che formano cunicoli e lagune, e come dicono gli istruttori locali, di coralli se ne vedono almeno 30 varietà diverse. Il più raro di enormi dimensioni è il corallo nero, che vive anche a 10 metri, circondato da gorgonie spettacolari viola, verdi e gialle. Le barriere sono popolate da ogni forma di vita tropicale: cernie, pesci pappagallo, red snappers, pesci leone ed enormi barracuda, grandi carangidi, pesci angelo di diversi colori e forme. Qui il turismo subacqueo è ben diluito nel corso della stagione, il disturbo alla fauna praticamente inesistente, e si percepisce che l’ ecosistema gode di un perfetto equilibrio. Solo i reef dei Jardines de la Reina godono di maggiore notorietà tra i sub più esigenti, mentre Cayo Largo pur essendo meta di massa con i suoi grandi alberghi e l’ aeroporto internazionale, conserva comunque tutto il suo patrimonio naturale subacqueo. Basta allontanarsi dalle spiagge più frequentate ed avventurarsi nei cayos a poche miglia, Iguana de l’ Este, Cayo Rico, Cayo Cantiles e Cayo Rosario. Le lagune ed i reef affioranti di fronte al Marina, Hijo de los Ballenatos e Recife, sono perfetti acquari tropicali, con acqua tiepida, limpidissima e dai colori inaspettati. Ma per provare emozioni più forti, non bastano pinne e maschera, bisogna immergersi lungo le shoals, le cadute esterne di corallo dove il blu si inabissa oltre i cento e più metri, per sentire l’ emozione della vita dell’ oceano scorrere nelle vene. Qui non è raro vedere danzare tartarughe caretta di discrete dimensioni , e squali di diverse specie, ci sono tutti lungo le coste di Cuba, tranne il più aggressivo, lo squalo bianco. Gli istruttori del centro di Buceo di Maria La Gorda, molto attenti alla sicurezza, scherzano poco, non vanno in acqua con più di tre coppie per gruppo, e per soli 40 minuti, il briefing è minimale, il rientro e la sistemazione dell’ attrezzatura si svolge in silenzio, ma basta aspettare l ‘ora del tramonto al bar sulla spiaggia per poter scambiare due chiacchere con i cubani sui segreti di questo mare ancora così vivo, avvolti dal caldo abbraccio del vento tropicale e della natura intorno per abbandonarsi ad un felicissimo, completo relax.

giovedì 3 aprile 2014

Rotta su Santiago de Cuba

Salpiamo presto per le 40 miglia, sempre rotta ovest, per la cittadina di Barahona. Ancoriamo in un bel ridosso protetto nei pressi e ci vengono subito a trovare le "autorità" per i documenti ed il permesso di navigazione fino alla frontiera. Ogni timbro o foglio ha una tariffa, che capiamo essere in effetti parte integrante e necessaria del magro stipendio dei vari funzionari, peraltro assolutamente gentili e cordiali. Paghiamo senza troppe storie, qualche volta ottengo pure uno sconto. E siamo poi liberi di gironzolare per il mercato, in stile direi arabo, e di trovarci il nostro wifi per internet e telefono. La cittadina è vivace, colorata e allegra, compriamo un'ottima ciambella, della frutta fresca, al tramonto siamo già in barca a cucinare un bel barracuda pescato a traina la mattina. 22 marzo Partenza sul presto per l'Isla Beata, 50 miglia verso sud, prima motore poi ottima vela al gran lasco. Il pomeriggio nel ridosso di fronte all'unico "pueblito" dell'isola ha un sapore del tutto particolare e lo descrivo a parte.. Lungo il tragitto però scoppia la crisi di Niki: vuole scendere a Santiago di Cuba. È stato a bordo quasi 3 mesi, alla fine saranno quasi 1800 miglia di stretta convivenza e di fatiche. Ci vuole una grande pazienza e capacità di adattamento reciproco, per resistere così tanto. Mi dispiace parecchio, mi è stato di grande aiuto e mi fa piacere sentire lui stesso dire che sono stato un buon istruttore, ma tutto può avere un termine in qualunque momento, in barca, e da sempre se ne raccontano di storie di tutti i colori, su questo tema della convivenza a bordo.. 23 marzo Ci spostiamo 20 miglia più a nord alla Baja de Las Aquilas, un approdo stupendo, deserto, tra due spiagge e un basso capo roccioso, ci sarebbe da starci almeno 2-3 giorni, nella pace più totale.. Ce lo possiamo però godere solo una mezza giornata e approfittiamo invece del vento favorevole per fare le 120 miglia in notturna per L'ile à Vache, unico approdo consigliato anzi raccomandato nella altrimenti desolata e triste, ci dicono, e forse anche pericolosa, Haiti. 24 marzo Tutto vero, L'Ile à Vache offre una baia perfetta, nessuna formalità da fare anche se qui è già un altro Paese, case sparse lungo la spiaggia, poverelle ma tranquille, gente gentile, bambini assolutamente stupendi e un ambiente rurale, non solo marino, nel quale ci si trova immersi anche stando a bordo, tra voci, musica, galli che cantano, capre belanti, ma anche tante barche locali a vela latina che scivolano attorno, aragoste offerte a poco prezzo, e tanta umanità povera ma dignitosa. 25 marzo Restiamo ancora un giorno per aspettare un meteo più favorevole, piuttosto che affrontare le 190 miglia che ci restano per Santiago de Cuba con un meteo senza vento. Ne approfittiamo per una lunga passeggiata in campagna, gente che lavora la terra o costruisce barche o intreccia nasse o costruisce un'altra casetta. Molte attività si svolgono sotto alberi enormi, il barbiere, o la cucina di strada o l'artigiano o il piccolissimo commercio, tante piccole botteghe all'aria aperta. Respiriamo questa atmosfera semplice e tranquilla, parliamo con la gente, chiediamo di fotografarli per poi mostrar loro le foto, giochiamo un pò con i tanti bimbi, una mezza giornata di cultura locale. Poi cerchiamo un collegamento internet: con grande sorpresa, e per la prima volta in assoluto, ce lo portano a bordo, nella forma di una chiavetta, a 3$ l'ora! Ne approfittiamo tutti, potrebbe essere l'ultimo collegamento facile prima di Cuba.. 26 marzo Partiamo da Ile à Vache alle 8:30 del mattino, a motore, calcolando un minimo di 24 ore per percorrere le 190 miglia da navigare, sapendo che poi che la notte, nel Windward Channel, tra Haiti e Cuba c'è una previsione di un benevolo 20 nodi al traverso. Prima di arrivarci riusciamo a dare anche gennaker per qualche ora di vento da sud, ma al calare della sera il vento gira come previsto a nord est e rinforza, parecchio di più, fino a 25-30 nodi. Diamo due mani di terzaroli e poi rolliamo anche un pò di fiocco, che già non è il Genoa ma è l'olimpico, e cominciamo i turni, nel frullatore dei 2-3 metri di onda al traverso. È un pò dura, ma avevamo una ottima pasta già pronta da mangiare la sera e tutto sommato si riesce anche a dormire abbastanza, malgrado gli 8 nodi di velocità media e i conseguenti scossoni continui.. 27 marzo CUBA!!! Arriviamo a Santiago alle 10:30 ad una media complessiva di oltre 7 nodi, e con un bel branco di delfini che ci dà il benvenuto: non era capitato molto spesso di incontrarli, in questi mari. Un ottimo ormeggio riposante al pontile turistico della baia perfettamente ridossata di Santiago, e una mezza giornata passa tra la visita della dogana, quella del dottore e quella della polizia di frontiera, mentre Niki conferma la sua decisione di terminare qui la sua navigazione e prende la sua strada, non senza qualche nervosismo e qualche polemica, direi inevitabili in questi casi.. Rimane invece a bordo Hania, la velista polacca incontrata e imbarcata a Tortola, un aiuto valido e del tutto provvidenziale, vista la defezione di Niki, avendo lei molta esperienza di vita di bordo e di navigazione. Mi aiuterà fino a Cienfuegos, oltre 300 miglia più a ovest. In serata primo giro di Santiago con amici svedesi di una bella barca ormeggiata accanto alla nostra, delle solo 4 o 5 presenti nel marina. Buona impressione della città, allegria in ottima compagnia e storie di mare da raccontarci l'un l'altro, come al solito.. 28 marzo Di buon ora comincia la nostra esplorazione della città, tanti palazzi coloniali nel centro storico, alcuni restaurati, molti cadenti, grandi boulevards (senza auto) e grandi spazi nella parte nuova, strade piene di gente carina, allegra e sorridente, per lo più incurante dei non troppi turisti in giro, come noi alla scoperta del sistema cubano, due economie parallele come nei Paesi dell'Europa Orientale fino alla caduta del Muro: una locale per i cubani, con il Peso come "Moneda National" da spendere al mercato, nei baracchini di cibo locale, nei negozi, quasi vuoti, dello Stato; ed una per i turisti, con il CUC o "Convertible" che vale un dollaro USA o 25 volte di più del Peso, da spendere nei carissimi negozi con merce di importazione, nei taxi, nei ristoranti e negli alberghi. Cominciamo a riconoscere le varie banconote, simili tra loro giusto per aiutare gli stranieri, i diversi esercizi commerciali e di servizio. Nel frattempo ci guardiamo intorno, facciamo foto, sentiamo musica, ci intrufoliamo dappertutto, incontriamo gente la più varia. Un divertimento assoluto. A sera siamo sfiniti, Hania ed io, ma soddisfatti: lei rivive ogni momento il suo passato, fino a 25 anni fa, di economia comunista assolutamente simile a questa di Cuba, con la merce scarsa e razionatam io apprendo, ascolto, faccio domande, considero e rifletto sul passato e sul futuro nostro e di questo Paese che oggi ci ospita con grande simpatia, semplicità e dignità. Certo non povero, ma con tanta strada da percorrere e tanto sviluppo da realizzare. Nel bene e nel male del nostro modello di progresso, innegabile, ma tutto da discutere e certo da rivedere e da correggere sotto molti aspetti. 29 marzo Concordiamo con taxi una visita fuori città, alla "Gran Piedra" una vicina montagna, 1200 m e più, nella riserva di Baconao, Sierra Maestra. Un bel giro nella campagna, camion fumosi che portano lavoratori nei campi, galline e vacche e quasi niente auto, monumenti ai caduti della Rivoluzione, cominciata qui più di 50 anni fa, case semplici ma pulite e dignitose. Bella la montagna e la veduta fino alla costa, i fiori, i profumi. Poi di nuovo in città, a camminare chilometri, curiosare, sentire l'aria, i suoni, gli odori di Santiago e di Cuba. La sera, riempita la cambusa ed i serbatoi in vista dell'incertezza degli approvvigionamenti sulla lunga rotta per Cienfuegos, esplichiamo le formalità di polizia, che qui consistono nel dichiarare via via le destinazione successiva, e ci prepariamo ad una partenza all'alba. 30 marzo Abbiamo 80 miglia di costa quasi lineare e senza ripari da navigare fino alla baia di Marea del Portillo, poco vento e motore senza rimedio. Arriviamo però con la luce, che è un fattore di grande sicurezza universalmente praticato da queste parti. Un bel barracuda ci assicura le cena di oggi e di domani. La baia è di una pace assoluta, il bagno serale rilassante e caldo, il senso di appagamento e benessere assoluto, il sonno precoce e profondo.. 31 marzo Dopo la visita di controllo a bordo da parte della polizia, con tanto di cane antidroga perfettamente addestrato, scendiamo per vedere dove siamo capitati: un paesino di campagna di case sparse, un forno, un negozio con la solita poca merce delle razioni di stato, una "caffetteria" con succo di frutta da 1 Peso (4 eurocentesimi) caffè da 0,20 Pesos (diciamo 1 eurocent), panini con spiedini di carne da 2 Pesos ma ben poco altro da offrire. Sulla carretera, diremmo noi la Statale, niente macchine, qualche bici, qualche cavallo, qualche camion con funzioni di autobus, e pochi pullman veri. Ci incamminiamo sotto il sole già caldo verso la "prensa" cioè un lago artificiale poco a monte che deriva acqua per la vicina cittadina di Pilon. Sulla strada curiosiamo nei campi, nelle casette, parliamo con la gente, fotografiamo bimbi e situazioni. La "prensa" è grandetta, con solo montagne e boschi un pò aridi tutto attorno: siamo nella stagione asciutta e, a parte qualche temporale che rinfresca l'aria e disseta un pò i campi, il caldo è notevole, appena mitigato dalla brezza costante. Ci rinfranchiamo facendo un bagno stupendo e rinfrescante in un laghetto che raccoglie le acque di drenaggio, pulitissime e trasparenti, prima di tornare tra altri campi e altre casette. Come a Santiago, anche qui la situazione economica è ai minimi termini, il personale statale tantissimo e tipicamente con poco lavoro e poca voglia (stipendio medio 15-20 CUC al mese), le abitazioni che abbiamo visitato semplicissime, quasi senza mobili, solo scaffali e armadi a muro con tendine davanti, spesso solo un battuto di cemento come pavimento, il tetto per lo più in lamiera ondulata, eppure sono forse già meglio di molte delle baracche che abbiamo visto in quasi tutte le altre isole che abbiamo visitato, magari anche solo perché Cuba è tanto più grande delle altre e c'è molto spazio per giardini e campi coltivati. E poi da tre anni, da quando Raul Castro ha permesso a chiunque di aprire un ristorante o un'attività (non sappiamo ancora i dettagli) e di comprare e vendere case ed auto, c'è aria nuova, la gente è contenta di queste nuove libertà, spera in altri spazi. Per pranzo ci concediamo l'unico ristorante del paese, tavole con tovaglia bianca, pollo e pesce fritto con insalata e platani (banane da cucinare) fritti, assolutamente dignitosi, conto per due in CUC: 6,40, circa

mercoledì 26 marzo 2014

Isla Beata, caraibi sperduti ultimo villaggio prima di Cuba

La Isla Beata.
Per molti il nome potrebbe essere quanto meno fuorviante. L'unico "pueblito" dell'Isla Beata ha solo 300 anime, pescatori poverissimi accampati su una stretta striscia di spiaggia tra la battigia e una falesia di calcare aspro alta pochi metri. Le "case" sono solo misere capanne di legno e lamiera ondulata, mi ricordano quelle dei pescatori altrettanto poveri del Banc d'Arguin in Mauritania, o sono solo teloni tesi tra le palme, e poi spazzatura ovunque, iguane che girano come gatti in cerca di cibo e pochi animali domestici, cani striminziti, tacchini, qualche maialino. Qualche capanna ha i pannelli solari, o il generatore, ma non ci sono antenne paraboliche e l'unico mezzo di trasporto e di lavoro è la barca. L'Isla Beata è l'isola più a sud, più remota della Repubblica Dominicana, anni luce dagli edifici scintillanti di Santo Domingo, 4 milioni e mezzo di abitanti, e da qualsiasi altra città o meta turistica del Paese. Bisogna andarci proprio di proposito, o ci si capita come noi sulla rotta est-ovest, peraltro pochissimo frequentata, tra Cuba e le le piccole Antille. La gente, nel pomeriggio dopo la pesca riposa, chiacchera, gioca a dama o a domino, prepara il pesce da seccare o scuoia e squarta i pescecani, le donne cucinano. Gente semplice, una vita veramente al minimo. L'isola in sè è grande solo qualche miglio da un pizzo all'altro, arida, piatta, tutta cespugli e cactus, e non offre nulla. Tutto viene dalla vicina costa di fronte dove ogni giorno i pescatori portano pesce ed aragoste destinati ai ricchi della capitale. Un passaggio di mare largo 1 miglio o poco più e profondo solo 5-6 metri la divide dall'isola maggiore. Arrivandoci avvistiamo un pescatore, un sub artigianale direi, che nuota ad almeno 2 miglia dal pueblito, portandosi dietro i sacchi dove mettere i polipi e le aragoste che andava pescando via via. Abbiamo pensato ad un naufrago, abbiamo offerto aiuto, ma lui ha salutato sorridendo. Tre ore dopo rientrava da solo con i sacchi pieni di prede guizzanti. Una parte di queste viene messa a seccare in riva al mare, su fili come panni stesi o su tavole o reti improvvisate per essere poi vendute nella ancor più povera Haiti. Noi, ancorati di fronte, nell'acqua più limpida che si possa immaginare, siamo gli unici rappresentanti, direi intrusi, del mondo moderno. Un saggio di quel che può significare navigare tra isole deserte o addirittura primitive. Un misto di curiosità, voglia di conoscere e socializzare, ma anche disagio, timore di essere inopportuni o addirittura sgraditi. Timori però del tutto immaginari, proiezioni della nostra cattiva coscienza di ricchi, perché la gente in posti simili ci ha sempre accolto con grande gentilezza e simpatia, offrendoci noci di cocco appena raccolte, e aragoste e pesci appena pescati..

giovedì 20 marzo 2014

Dalle Piccole alle Grandi Antille: diario di bordo

solo adesso, che comincia la vera navigazione. Finora isole e mari ormai a me noti, approdi, baie, anche persone già conosciute. Luoghi da riassaporare, conoscenze da approfondire. Ma da oggi, dopo Tortola, la maggiore delle British Virgin Islands, tutto sarà nuovo per noi. Saranno le grandi Antille, lungo questa nostra rotta da est verso ovest, prima Portorico, poi la Repubblica Dominicana, quindi Cuba. Resta fuori per ora la Giamaica. Sono 700 e più miglia da navigare, ma ancor prima da studiare, interpretare, pianificare. Andati via gli amici, restiamo solo in due a bordo, io e Niki, una situazione abbastanza impegnativa, date le miglia e le notti di navigazione da fare. Ma ci si presenta Hania, una "barcastoppista" in piena regola, e chiede dove andiamo. Una breve conversazione ed è subito imbarcata! Ha esperienza, allegria e sembra proprio una persona interessante: polacca, ex-architetto, due figli ormai grandi (a giugno sarà nonna due volte), un fidanzato lontano, anche lui navigatore, ma bloccato da impegni vari. Prima di partire recupero un satellitare nuovo che ho ordinato per posta con consegna proprio a Tortola. Avrei voluto farne a meno, costi a parte, cercando di evitare altra tecnologia (per nulla semplice) da imparare, gestire, controllare. L'anno scorso per la traversata dell'Atlantico l'avevo noleggiato e poi affidato a mia figlia Alessandra, che aveva assolto il compito egregiamente. Adesso invece toccherà a me: non potevo farne più a meno, con lunghe navigazioni solitarie lungo coste deserte di Cuba e poi per la traversata di lì fino a Panama. 11 marzo Lasciamo le BVI un pò a malincuore, i ricordi ancora vividi delle settimane trascorse l'anno scorso in questo magnifico arcipelago. Prima sosta a Culebra, Isole Vergini cosiddette spagnole, territorio già di Portorico. Arriviamo che è sera, a motore, quasi senza vento, evitando scrosci di pioggia tutto intorno a noi. Niente di chè, Culebra, case sparse con un'aria già un pò americana, ma soprattutto una baia tranquilla per riposarci. 12 marzo Assolta la dogana, la più piccola Culebrita ci offre un a baia stupenda, deserta a meno di appena 3-4 barche, quasi chiusa, sabbia, palme e acqua splendidi ben sopra la media, un faro in rovina in cima alla collina, affascinante. Una giornata di relax sopra e sotto l'acqua. Per dormire ci spostiamo in una baia a sud della vicina Vieques. Vorremmo esplorare anche queste coste quasi deserte, promessa di altre baie e altri fondali stupendi, ma il tempo a disposizione non è certo illimitato.. 13 marzo Si parte presto, 60 miglia da fare fino alla Bahia de Obos, sulla costa meridionale di Portorico. Il vento ci accompagna benigno, mettiamo gennaker e riusciamo a tenere i 6-7 nodi anche con 10-11 nodi di vento medio. Ancora un ancoraggio deserto, tranquillo, la luna ormai quasi piena ci fa compagnia. Ma la costa bassa a mangrovie e l'acqua verde da estuario non sono il massimo, per noi abituati ad altre trasparenze e altri più verdi e movimentati paesaggi 14 marzo Puntiamo su Ponce, il centro più importante della costa meridionale di Portorico, non prima però di una sosta rinfrescante e tonificante all'isola "Caja de Morto". Poche le barche in giro, ma anche pochi gli ancoraggi interessanti, isole minori a parte. Prima di sera ci dirigiamo al marina di Ponce, contando di trovare carburante, internet, provviste, un centro interessante. Delusione massima! Il marina è bello ma destinato quasi solo per i ricchi locali, la cittadina è lontana e inutile, gasolio chiuso, internet niente.. 15 marzo Risolviamo le cose più importanti solo la mattina dopo, prima della lunga navigazione, 150 miglia, verso la Repubblica Dominicana, attraverso il temibile Mona Channel. Ma il tempo è buono e la luna ci illumina: nessun problema, un pò vela un pò motore.. È la prima notte di navigazione e turni per il nostro Niki. Ne ha fatta di strada in soli due mesi, questo ragazzone in cerca di un futuro sul e nel mare! Già 1000 miglia navigate, tecniche, nomenclatura, manovre, timone, ormeggi: pensare che non aveva praticamente mai messo piede su una barca a vela, prima di questa avventura.. 16 marzo All'alba buttiamo ancora a Saona Island, parco naturale protetto ma invaso da barconi velocissimi pieni di gitanti locali ma sopratutto di turisti dalle navi da crociera che ancorano alla vicina Catalina Island o a La Romana. Basta però allontanarsi un pò per godersi silenzio, palme e natura e per riprendersi dalla notte di navigazione. Avevamo deciso di dormire proprio a Catalina per poi fare dogana direttamente a Las Salinas, 100 miglia più a ovest, ma ci accorgiamo che l'attacco del vang è strappato e i rivetti tagliati: brutto affare.. Deviamo allora sulla vicina Bayahibe, cittadina turistica a poche miglia, per potere studiare il da farsi, prima di avventurarci in aree ancora meno sviluppate. Anche a Bayahibe problemi di internet e di comunicazione.. Torniamo a bordo stanchi, stressati e di cattivo umore, ma questo è il mondo in via di sviluppo, che si vuole fare?.. 17 marzo La mattina dopo, lunedì, poche miglia e andiamo all'unico vero marina della Repubblica Dominicana: Casa do Campos. Solo qui forse troveremo rivetti abbastanza grossi per fare la riparazione. A Casa do Campos facciamo tutto, internet, telefono, dogana, grande spesa, anche in vista delle probabili carenze cubane, ma rivetti niente neanche qui. Mi arrangio con bulloni, viti e una legatura con una cima di spectra. Speriamo tenga fino a Panama. Ancoraggio notturno a Catalina, bello e tranquillo. 18marzo L'indomani partenza alle 6 per fare col giorno le 100 miglia che ci sono fino a Las Salinas. Ma qui tanto ci si sveglia sempre alle 6, e per le 9 di sera siamo già cotti e sfiniti e crolliamo addormentati come bambini.. Il vento non è abbastanza, ci toccano 13 ore di motore e arriviamo pena in tempo, con le ultime luci del giorno. Meno male che la baia di Salinas è tranquilla eiacevole, con un paesino ben poco turistico e finalmente qualche barca di navigatori con cui chiaccherare e scambiare esperienze e impressioni.. 19 marzo

lunedì 10 marzo 2014

Saba, la Stromboli dei Caraibi

Saba mi ricorda Stromboli, in versione caraibica.
Strana definizione, vero? Eppure non riesco a pensarne una migliore.. Ex vulcano, piccola, scoscesa e impervia se possibile ancor più di quel gioiello che arricchisce e ci arricchisce tutti, giù da noi in Sicilia, Saba fu colonizzata solo nel '600 dagli olandesi, che per primi apprezzarono la fertilità dalle poche aree pianeggianti e la sicurezza del luogo, dovuta proprio dalla mancanza di spiagge, per insediarvisi a dispetto di tutti gli altri inconvenienti, innanzi tutto un isolamento ancor oggi marcato ed quasi inevitabile. Basti pensare che solo sentieri e gradini davano accesso ai 3 villaggi e alle case sparse dell'isola, fino a quando, negli anni '40, dopo 20 anni di lavori, fu completata la prima strada carrabile, fino a quel momento definita "impossibile", realizzata interamente a mano da 20 operai locali arruolati dal governo olandese a turno per 3 settimane alla volta. Negli anni '60 invece si riuscì a realizzare perfino un minuscolo aeroporto, la pista commerciale più corta del mondo, un fazzoletto di appena 400 metri su un promontorio a strapiombo, neanche a dirlo, sulla scogliera. Oggi, dal 2010 tornata a tutti gli effetti ad essere territorio nazionale olandese dopo una breve parentesi indipendentista, ancora ben pochi conoscono questo minuscolo angolo dei Caraibi (5 kmq!) già noto invece agli amanti delle immersioni e del trekking. L'anno scorso non riuscii ad approdarvi a causa del troppo vento, quest'anno ho fatto una deviazione di proposito per conoscerla. Ed è stata una piccola avventura. Intanto, appunto, lo sbarco: lasciata la barca ad una delle boe della riserva marina, con le cime che stridevano per il troppo vento anche quest'anno, col tender riesco in qualche modo, non so come, ad approdare surfando sulle onde su una spiaggetta ai piedi di una parete lavica vertiginosa, chiedendomi come avrei fatto poi a venderne fuori. Mi ero fatto mandare un taxi, facciamo quindi una salita tipo rampa di garage che ci porta a "The Bottom" il villaggio che fa da capoluogo, 500 abitanti, casa del governatore, ambulatorio, strutture civiche, chiese e abitazioni in pietra e legno a prova di uragano stile nord Europa 18º secolo. Tutte costruzioni ben messe, abitate e con giardini fioriti. Poi, ancora oltre, il villaggio più attivo, Windward Side, con alberghetti e ristoranti. Trovo anche un Lions Club che mi dicono molto attivo nel sociale, mi presento a Guy Johnson, uno dei Lion più noti, 80+ anni ben portati, padre del governatore attuale, da molte generazioni orgogliosi abitanti di Saba. Ci scambiamo gagliardetti e distintivi: li porterò al mio Presidente al mio ritorno.. Sono affascinato delle dimensioni lillipuziane di questa comunità, dall'affabilità delle persone che incontro, dal paesaggio così impervio, niente palme ma comunque e sempre tanta natura, mare in tutte le direzioni.. Il ritorno in barca conferma le mie preoccupazioni: un'onda mi risbatte indietro, il tender cappotta sopra la mia testa, meno male che è leggero, ma il motore e il cellulare vanno sott'acqua come me, riparto a remi e finalmente, colato fradicio e sfinito, al tramonto, torno in barca sano a salvo.. Ma non posso lasciare l'isola, l'indomani, senza prima aver fatto due magnifiche immersioni in queste acque cristalline: anfratti, massi e pareti a picco sopra e sotto il mare, coralli e pesci di ogni tipo, tartarughe, aragoste, barracuda, murene, razze, "red snappers", e chi più ne ha più metta..

sabato 1 marzo 2014

A Guadalupa omaggio a Jacques Cousteau

Due isolette abbastanza piccole e insignificanti, nere vulcaniche, vegetazione bassa ad arbusti, ma appena sotto la superficie il panorama cambia completamente. Coralli di ogni tipo e colore, acqua cristallina, pesci in branchi piccoli e grandi, pagrri a coda gialla, pesci scatola, trombetta, occhio rosso, pappagalli, napoleone, aguglie imperiali e così via. Ma anche seppie, sogliole multicolore, wahoo, ecc, ecc. È il parco marino Jaques Custeau, nell'isola di Guadalupa. Se poi ci si allontana appena un po' dalla costa, su profondità superiori, anche sui 10 metri, un apneista un po' in esercizio non ha difficoltà ad incontrare predatori di taglia superiore ai 4-5 chili, aricciole, carangidi a piume e occhio grosso, red snapper, barracuda in branchi minacciosi, ma anche pesci porco, calamari, murene, e ovviamente aragoste sotto ogni masso. I fondali delle West Indies, cioè dei Caraibi non sono sempre così ricchi. Ci sono parecchi altri siti pregevoli quasi in ogni isola, ma spesso il corallo è danneggiato da fatti di natura antropica o naturale (uragani e tempeste tropicali) e il pesce più rarefatto. Ma non qui, in questo parco, dove una statua qualche metro sott'acqua ricorda il padre indiscusso della subacqua mondiale, colui che più di ogni altro ha aperto questa frontiera affascinante degli oceani, ispiratore di innumerevoli musei, documentari, e spedizioni in tutto il globo, Jaques Custeau, con suo immancabile berrettino bretone di lana sulla testa. Un via vai di subacquei e di barche col fondo di vetro consentono ai tanti turisti di godere e apprezzare questo spettacolo naturale abbastanza unico per concentrazione e varietà di specie e di vita marina. Uno spettacolo da non perdere per chi si trova a visitare Guadalupa, le sue molte isole minori al contorno e la sua natura prorompente che spazia dalla cima vulcanica della Soufière con i suoi 1400m sul mare e le molte cascate, laghi e foreste pluviali, fino, appunto, al fondo del mare..

martedì 25 febbraio 2014

Un trekking al lago bollente

Dopo tre giorni le giunture ci fanno ancora male, troppe le salite, le discese, il fango, la pioggia. Sette ore di cammino su un sentiero all'inizio perfetto, ben tracciato e ben mantenuto, poi via via sempre più impervio, scosceso, scivoloso per via degli scrosci di pioggia a volte leggera ma pungente come spilli a volte torrenziale. Uno dei tanti sentieri naturalistici di Dominica, un'isola che ha puntato molto sui parchi, una quindicina, e sulla sua natura in gran parte incontaminata. Ma ne è valsa la pena, prima la foresta pluviale (nessun dubbio sull'origine della denominazione) con mille tonalità di verde, poi le cime frastagliate e scoscese eppure sempre ricoperte di vegetazione, quindi la "desolation valley", brulla, tutta fumarole e sorgenti sulfuree, infine il "boiling lake", una caldera ribollente, come un pentolone per pasti pantagruelici di giganti affamati. Unico nel suo genere, appena più piccolo del suo unico omologo neozelandese. Insomma non ci si può annoiare, ai Caraibi. Come la traversata di ieri dalla Martinica. Lasciamo la Francia quasi senza vento, mare piatto e pieno sole in assoluto contrasto con la pioggia che sferzava fitta alle nostre spalle la cima del vulcano La Pelèe, tristemente famoso per l'esplosione del 1902 che uccise 30.000 persone. Poi il vento solito, l'aliseo da 20 nodi e onde da 3 metri rinforzate dalla corrente. Un primo groppo in avvicinamento ci suggerisce di ridurre ulteriormente la randa fino alla terza mano: appena in tempo, 30 e più nodi di raffica. Torna il sole, cala il vento, ridiamo vela mentre ci avvicinamo a Dominica. Neanche dieci minuti e la grande isola a prua scompare dietro altra pioggia, mentre torna a piovere anche a poppa, sopra Martinica. Per una mezz'ora non vediamo alcuna terra, potremmo anche essere a metà dell'Atlantico, scrutiamo le nuvole cercando di prevedere se prederemo acqua dal cielo o no. Poi tutto scompare e torna il sole.. Arriviamo all'Anchorage Hotel, approdo storico di Dominica, 30 miglia in appena 4 ore, ancora una volta in pieno sole, stanchi ma felici della traversata piena di emozioni e della nuova isola da esplorare. Già, difficile annoiarsi ai Caraibi..

martedì 18 febbraio 2014

a Gros IIet non perdetevi la festa del venerdi' sera

Il venerdi sera a Gros Ilet (si pronuncia: groos-ilè, con la "o" strascinata e la "esse" dolce come un passion fruit maturo), qui a Saint Lùcia (accento rigorosamente sulla "u") è una istituzione da non perdere. In tutte queste Isole la fine della settimana si festeggia con una cena fuori, o almeno con una birra, ma preferibilmente con della buona musica dal vivo. Ma qui, in questo piccolo villaggio sul mare, è ancora più divertente. Stamattina ho provato l'ascesa ad uno dei "Pitons", coni vulcanici a picco sul mare, simbolo dell'isola e Patrimonio UNESCO, ma la fatica del sentiero, così ripido da necessitare di corde fisse in parecchi passaggi, e gli scrosci continui di pioggia che mi facevano temere un'altra scivolata come quella in cui ero incappato l'anno prima a Guadalupa, miracolosamente senza conseguenze, mi hanno fermato ormai a 3/4 dalla vetta. Adesso ho le ginocchia molli, dolori ovunque, ma è venerdì e non mi posso perdere lo spettacolo delle cuoche al lavoro, dei cibi fumanti, della musica e dei balli per strada, e della gente locale in giro per vendere qualcosa o solo per divertimento. E il cibo qui è particolarmente buono, ben speziato, per lo più cotto alla brace, che sia pesce, aragosta, pollo o braciole di maiale, o ancora qualcuna delle loro frittelle dal contenuto e dal gusto imprecisato, ma immancabilmente saporito e accattivante. Finiamo col ballare tutti, in mezzo alla strada, davanti a delle casse monumentali, tra musicisti improbabili, ballerini un pò brilli, turisti più o meno cotti dal sole, alcuni di passaggio, altri - si vede bene - veterani, velici o da spiaggia, stracciati o in tiro, ogni tipo di specie umana, stasera accomunati e travolti dal gusto per un reggae o una soca..

venerdì 7 febbraio 2014

Grenadine: covi segreti per tartarughe

ci devono essere le alghe più tenere e dolci dei Caraibi, alle Grenadine, se le tartarughe sembrano gradirle così tanto da riunirsi a decine, a Tobago Cays, a Petit st. Vincent, a Union, quasi indifferenti a noi intrusi. Ormai siamo quasi di casa, tra queste isolette, banchi corallini, scogli e villaggi tranquilli e sonnolenti, anche se quest'anno abbiamo "scoperto" ancora baie, ridossi e spiagge nuove, che non avevamo esplorato in precedenza. Come la laguna e la spiaggia sopravvento, deserte, di Mayreau, la Chatham Bay di Union, una lunga spiaggia con un piccolo resort (italiano) e tre ristorantini del tutto rustici in un anfiteatro verde senza una casa, o la piccola White Island a sud di Carriacou, spiaggia e barriera corallina, mangrovie e collinetta, in vendita per chi avesse 4 milioni di USD da investire. Divise tra le isole-stato di Grenada e di st. Vincent, sparse su un tratto di mare di 50 miglia per 10, le Grenadine sono ancora un paradiso della natura praticamente incontaminato. Non proprio sconosciute, in verità, considerato in numero crescente di charter che ormai le propongono e le frequentano, ma pur sempre un magnifico paradiso rimane. Oggi una bella bolina di 26 miglia da Mayreau e Bequia, 20 nodi di vento, due mani di terzaroli e il nostro ottimo fiocco olimpico bugnato un pò alto per evitare le onde, e 7 nodi e mezzo di velocità media.. Finalmente un po' di vela vera, dopo giorni di bagni e ozio tra questa isole ritrovate. E a sera cena con Lorenzo e Rossella, amici velici ritrovati, con davanti l'aricciola di 3kg buoni appena pescata da Niki con grande perizia, ed il consueto scambio di notizie, storie ed esperienze a completare l'atmosfera da navigatori ormai consumati di mari più o meno esotici..

mercoledì 5 febbraio 2014

il primo equipaggio va via e Bulbo matto riprende il mare

Sul tender, stretti tutti e sei, ci avviamo piano piano verso il pontiletto del ristorante, qui a Carriacou, dove ceneremo quest'ultima sera di questa nostra vacanza caraibica. Abbiamo di fronte la luminosità calda del tramonto, il vento è finalmente calato, un'altra giornata perfetta, quasi magica sta per terminare nel silenzio della baia. Nessuno ha voglia di parlare, ognuno segue i suoi pensieri, io tento un riassunto a beneficio di tutti: è stata una vacanza speciale, dalle difficoltà del rimettere in servizio Bulbo Matto in pochi giorni dopo quasi 8 mesi di riposo, al primo, impegnativo oceano fino a Grenada, dalla visita di quest'isola così verde e tranquilla agli ancoraggi nelle lagune di Tobago Cays, di Petit St. Vincent e di Mayreau, dal micro museo di Carriacou alla selvaggia Chatham Bay di Union, "scoperta" oggi verso pranzo. Dagli scrosci improvvisi di pioggia alla lezioni di vela. Un pezzo di vita insieme, più che una vacanza. Ci siamo trovati insieme praticamente per caso, siamo anche molto variegati nei caratteri e nelle esperienze, ma questo non ci ha impedito di andare molto d'accordo, di ridere e scherzare e di volerci alla fine molto bene, pure. Adesso sarà difficile separarci, per chi va via e torna alla vita "normale" ancor di più, ma in questo momento è meglio non pensare e questo e tornare in silenzio ai nostri recenti ricordi, goderci questa ultima luce del tramonto negli occhi mentre il tender si avvicina al pontile, e pregustare la cena che sta per arrivare, insieme al vino e alle immancabili risate..

martedì 4 febbraio 2014

Ci incanta ancora Carriacou..

Di Carriacou, di questa piccola, semplice, isoletta di Grenada avevamo già scritto l'anno scorso. Ci aveva colpito la schietta bellezza del paesaggio, la carineria della gente, la natura ancora poco rovinata dalla presenza dell'uomo e dal turismo. Quest'anno abbiamo speso qui altri giorni sereni, tra bagni nelle numerose isolette nei pressi, passeggiate su spiagge deserte, e chiaccherate serali con i navigatori di tutto il mondo a Tyrrell Bay, base obbligata di tutti i marinai, qui in sosta variabile da pochi giorni a parecchi anni. Abbiamo così meglio conosciuto panorami, sentieri, baie, genti usi e costumi dell'isola, assaporando ancor meglio l'atmosfera rilassata che già ci aveva tanto conquistato. Oggi un gran bagno del tutto soli a White Island, un'incantevole isoletta con tanto di spiaggia corallina, palme e mangrovie, acque di una trasparenza incredibile, pesci multicolori, razze e quant'altro. Tyrrell Bay è una comunità nella comunità, popolata dai caratteri più disparati, persone carine o strampalate, sapienti o disadattate, a volte geniali, che hanno lasciato la società civile per vivere in barca, senza affitti, tasse nè bollette, ma anche senza cinema, teatri o concerti che non siano quelli delle percussioni o delle "steel band" tradizionali. Gente che si arrangia come può, valorizzando i suoi saperi o inventandosene di nuovi, pur di recuperare quel poco che serve per vivere. Nella stagione degli uragani non ne rimangono che una quarantina, cioè una ventina di barche, che ad ogni avviso di burrasca si rifugiano tra le mangrovie lì vicino, per poi uscirne fuori uno o due giorni dopo, a pericolo scampato. Ogni venerdì sera qui si fà festa, musica, karaoke, birra e cena fuori. Ieri un gruppo di 5 fantastici percussionisti, con esercizi di danza e di acrobazia inclusi, con nuovi incontri, e scambi di esperienze, racconti di avventure e navigazioni. Giorgio e Pinuccia sono 10 anni che girano i Caraibi, 6,7 o anche 9 mesi l'anno. Mauro è arrivato quest'anno, pilota alitalia fresco di pensione. Dominique, francese, invece è 25 anni che è qui, ha trasformato il suo trimarano in un'officina meccanica fornita di tutto il necessario. In pratica un locale in legno galleggiante 10 metri per 6; è stimato e molto considerato da tutti. Daniela, titolare del miglior ristorante di Tyrrell Bay, una simpatia contagiosa, è anche la miglior fonte locale di informazioni, dal costo delle case, al miglior elettricista, agli eventi storici e sociali più importanti, dato che vive qui da 13 anni. Ognuno una sua storia, ognuno una croce, o, meno spesso, mi pare, una felicità da condividere. Per noi, insieme a tanto relax, una scoperta continua, umana, emozionale.

sabato 25 gennaio 2014

il popolo del mare

Più o meno sono tutte storie interessanti, ma qualcuna merita proprio di essere trascritta. Tom è americano, da 5-6 anni conduce un ketch di 13 metri in giro per i Caraibi con turisti soprattutto americani. Un'apparente età di 66-68 anni, una parlantina quasi inarrestabile ad indicare, secondo me, una interna, nascosta solitudine ormai incrostata ed irreversibile, in pochi minuti mi racconta della sua origine dal mitico Nantucket, Cap Cod, del suo primo imbarco a 16 anni su una nave oceanografica americana che, raccolti anche due vulcanologi italiani e la loro apparecchiatura a La Spezia, trascorre un intero anno in oceano indiano per ricerche varie, dopo essere stati ricevuti a Monaco dal Principe Ranieri e da Grace Kelly, aver avvistato la lava di Stromboli da 40 miglia di distanza, essere transitati da Suez e quant'altro. Il suo sogno da pensionato? Una casetta a Roma e un ristorantino proprio sotto, dove assaporare il "miglior cibo del mondo". Anche Jim è americano. Lo incontro in cantiere con su una maglietta sporca all'inverosimile ma inequivocabilmente proveniente da Stromboli! Lo fermo, mi racconta nei esserci passato 9 anni prima (!), avendo traversato l'Atlantico da ovest ad est per vivere un paio di anni in Mediterraneo, per poi riattraversarlo di nuovo da est a ovest (come me l'anno scorso) e continuare per il giro del mondo, via Sud Africa!! Giro terminato già da un pò.. Allegro e con un gran sorriso stampato in faccia, molto più 'sistemato' di come faceva intendere la suddetta maglietta, gli chiedo delle Galapagos, delle Marchesi, dei venti incontrati, di come e dove si potrebbe lasciare la barca in caso di traversata del Pacifico. In dieci minuti faccio anche io mezzo giro del mondo con lui.. Luigi invece è italiano. Grossista di pesce a Milano, dopo l'ennesimo furto subìto, molla tutto in 24 ore e con la moglie parte a vela. Senza figli, ha già veleggiato 4 anni lungo le coste del Brasile. Parliamo di pirati, presenti anche in qualche area di quell'enorme Paese tipo l'amazzonia, ma che lui è riuscito sempre ad evitare navigando anche a 3-400 miglia dalla costa, di meteo sudamericano, di altre rotte meridionali. Altri ne incontrerò, di altri ne racconterò..

lunedì 20 gennaio 2014

che emozione tornare in oceano! da Trinidad a Grenada

La zattera di emergenza è arrivata dopo cena, quando ormai eravamo rassegnati ad aspettare un altro giorno a Trinidad, piantati in cantiere, senza altro da fare che aspettare.. Trinidad ha le sue attrazioni, ma è più famosa per il carnevale (e relativa "turbolenza" popolare) che per altro. Noi avevamo già visitato il "Pitch Lake" non proprio un lago, ma un'area vasta circa un km dove da sempre il petrolio emerge allo stato quasi solido e viene estratto con le ruspe. Tra le zolle di nero che sembra asfalto si raccoglie dell'acqua piovana purissima dove si può anche fare un guazzetto fresco e piacevole, e la distesa viene usata dalle aquile di mare per spolpare le loro prede in santa pace, e dagli avvoltoi che aspettano il turno per divorarne i resti. Un posto decisamente originale. E poi la Riserva di Caroni, una ampia distesa di canali e mangrovie, regno di ogni sorta di granchi, serpenti e anfibi, dove migliaia di uccelli si radunano al tramonto come per raccontarsi la loro giornata di pesca nell'oceano.
A questo punto eravamo più che pronti a partire, ma rassegnati ad aspettare ancora un giorno, e Invece la zattera ė arrivata, inaspettatamente, bella revisionata e impacchettata, con tante scuse per problematiche misteriose comunque superate, con un conto doppio del normale, ultima definizione necessaria e indispensabile per affrontare qualunque navigazione, figuriamoci 80 miglia di oceano aperto fino a Grenada e sei mesi di navigazioni tra miriadi di isole, coralli e pericoli vari.
Comunque sia, paghiamo con un sorriso un pò tirato, considerati i quattro giorni di telefonate e maledizioni varie, carichiamo tutto, facciamo dogana (alle 22!), e andiamo a dormire, si fa per dire, con l'eccitazione e la stanchezza che ci troviamo addosso. Sveglia puntata alle 5:30 per riuscire ad arrivare all'ormeggio a fine traversata con la luce del giorno.
La mattina dopo siamo un pò stonati ma concentrati e determinati. Affrontiamo la 'Boca' più vicina, un breve, stretto tratto di mare tra Trinidad e la più vicina delle isolette che in fila indiana la separano dal Venezuela, e siamo subito fuori, in Atlantico. Un'alba piovigginosa, spettacolare, gorghi incredibili di corrente nera sotto la barca, nuvole, acqua e arcobaleni in cielo. Subito l'aliseo, teso, di traverso stretto, e l'onda lunga al mascone. Una navigazione non proprio comoda, a tratti bagnata, parecchio stancante. Barche incrociate molto poche, tutte pacifiche, di pirati neanche l'ombra. Non è che siano episodi tanto frequenti, ma dal Venezuela erano arrivate notizie non tanto buone e un minimo di apprensione comunque c'era..
Una lunga traversata, fiocco olimpico e due mani di terzaroli, sempre sugli 8 nodi di velocità media. Si timona a turno, e anche il pilota automatico fa la sua parte. Arrivati quasi a destinazione, un groppo di quelli giusti, pioggia e 40 nodi di raffica, tanto per accoglierci al meglio e invitarci in fretta al primo ancoraggio disponibile, a Prickly Bay. Siamo piuttosto distrutti e cotti dal vento e dal sole. Giuseppe (Niki) il marinaio felice al suo primo oceano, Paola, la meno "velica" dell'equipaggio, bruciata dal sole, ha comunque resistito benissimo, Carmelo, un pò appesantito dai kg e dai postumi di un piede rotto, ha fatto egregiamente la sua parte, tranquillo e perfettamente a sua agio. Il vostro capitano stanco ma finalmente felice di essere di nuovo in navigazione..
Doccia e cena, alle 8 siamo tutti a dormire, 10-11 ore di sonno basteranno, forse, a rimetterci in sesto..

mercoledì 8 gennaio 2014

tutti a bordo...si salpa !


AUGURI a Bulbo Matto, al suo Capitano Fulvio e al marinaio Giuseppe! E a tutti gli amici che saranno nostri ospiti della stagione 2014 e anche a quelli che ci seguiranno da casa!! Dopo la consegna della bandiera della traversata Atlantica ARC 2012 nelle mani del Presidente del Club Lauria Andrea Vitale, nostro sponsor, la barca è quasi pronta a Trinidad, l’equipaggio sta per raggiungerla e così i primi ospiti, Paola, Carmelo, Franco e Nina. Una prima navigazione abbastanza impegnativa, 85 miglia, fino a Grenada, e poi via via tutti i Caraibi, Piccole e Grandi Antille. Prima, rotta da sud a nord verso le British Virgin Islands, poi da est verso ovest, verso Cuba, infine nuovamente da nord verso sud, fino a Panama. Circa 2000 miglia, forse 100 e più isole, più di 20 ospiti già confermati col volo prenotato e tutto. Una vacanza-lavoro per me e per Giuseppe, intensa, affascinante, impegnativa. Tanti amici attesi e tanti altri da incontrare nelle baie, nei marina, sui sentieri, su per la foresta pluviale. Luoghi di natura rigogliosa, a terra come a mare, di genti semplici e accoglienti, di paesini tipici e colorati. Veleggiate calde, veloci, tramonti incantevoli, spiagge a volte turistiche a volte deserte, storia di colonizzazioni e di battaglie navali, fortezze e fattorie storiche. Un mondo da esplorare e conoscere. Tradizioni a noi sconosciute, tutte da cercare, da  assaporare. Arti e artigianato. L’eccitazione è grande e l’emozione incontenibile. Ve ne racconteremo strada, anzi rotta facendo, con foto e video. Ancora auguri e Buon Vento a tutti