lunedì 22 aprile 2013

Ripensando ad Anegada

E' quando si torna a calrsi nella routine che tornano in mente i momenti più belli. Come lo spettacolo della laguna di Anegada, l'isola corallina per eccellenza, la più a est delle BVI. Si potrebbe definire l' isola che non c'è, tanto è bassa e non si vede terra approcciandosi alla barriera di corallo quasi impenetrabile che la circonda. Il fatto è che siamo rimasti abbacinati dal turchese talmente riflettente ed esteso che non riuscivamo a vedere altro.. e poi l' attenzione era tutta a quei fondali insidiosi, alle teste di corallo da intuire a vista...perfino il bagno non era rilassante. Ma il colpo d' occhio, lo abbiamo capito bene solo dopo aver trovato il canale d' ingresso e l'ormeggio sicuro davanti a Settle Point, era di una bellezza indicibile. Scendiamo a terra per percepire l' isola sotto i nostri piedi. E a piedi, sotto il sole cocente iniziamo a camminare verso le saline al centro di Anegada, in mezzo ad una steppa erbacea che non nasconde le barche semidistrutte arenate sugli scogli! Con un passaggio in auto arriviamo a Lollybay, stupenda, il reef molto colorato e la spiaggia deserta piena di conchiglie e gorgonie secche al sole. M a la corrente è spaventosa, cominciamo a capire che quest' isola è più dura di quanto dicano le guide, ecco perchè è quasi deserta, abitata solo da 300 persone, gente tranquilla con piccoli business nel turismo, gente di poche parole. L' indomani a Pomato beach scendiamo a terra convinti di poter sfidare la corrente e arrivare a nuoto al reef, ma in realtà riusciamo solo a camminare a piedi oltre alcuni boungalow che la furia del mare ha semidistrutto. La spiaggia non finisce mai, ci rendiamo conto che forse si arriva a fare tutto il giro dell' isola, gli uccelli bianchi volteggiano da padroni, i pellicani e le fregate pescano e le razze saltano fuori dall' acqua! Che spettacolo! La sera torniamo a terra per il tramonto e per una cena di aragoste alla griglia al Pomato beach restaurant. Saranno le migliori fin ora trovate in tutti i caraibi. Luna, stelle e ottimo vino sudamericano ci hanno riempito gli occhi ed cuore. Anegada è un fuori dal mondo per pochi intenditori e qualche barca di navigatori volenterosi. Un mare insidioso eppure unico, che ci è rimasto nel cuore. (M.L.C)

bolina da veri marinai in vista di St Kitts e Navis

A 15 miglia da Saba c'è St. Eustatia o Statia, com'è meglio denominata nella zona, che ci offre più riparo e una notte tranquilla a noi stanchi navigatori. Altro ex vulcano, ma meno aspro e selvaggio, con le tipiche pendici a cono di un verde lussureggiante, ed un cratere che dicono bellissimo, come fatto col compasso, tutto foresta pluviale. Ci sarebbe poi un forte restaurato ed una cittadina da visitare, ma il tempo è ancora perturbato, grigio, piove e vento a raffiche e le miglia da fare troppe. Dovremo tornare un'altra volta anche qui. Per fortuna ancora poche miglia fino all'isola dopo, St. Kitts (St. Christopher), altro vulcano spento, ma con parecchie baie ridossate che promettono bagni stupendi, se il tempo fosse invitante.. Ma non lo è, la navigazione è sempre di bolina, raffiche e scrosci di pioggia, arriviamo all'ancoraggio attraverso (letteralmente) un muro nero d'acqua, una cascata spaventevole che per fortuna dura pochi minuti, come di consueto. Poi però la notte passa tranquilla, di tutto riposo. L'indomani il vento ha girato fortunatamente a N-E, cioè ci viene al traverso e non più di bolina nella nostra rotta verso S-E e la cosa ovviamente rende la nostra seconda metà di navigazione sulla rotta dei vulcani molto più veloce e confortevole e meno bagnata. Partiamo presto, col programma di fare almeno metà delle miglia restanti (75), e fermarci a Monserrat, 5° e ultimo vulcano della nostra rotta dalle BVI a Guadalupa e l'unico attivo, o di arrivare in giornata a Deshaies, primo approdo utile a nord dell'isola francese, se le condizioni lo consentiranno. Immadiatamente fuori dall'ancoraggio notturno, a sole 2 miglia da St. Kitts, ci appare Nevis, altro vulcano di sagoma tradizionale, stupendo, forestato quasi fin sulla cima, anch'esso con un villaggio sulla costa O, la più ridossate. Lo guardiamo scorrere alla nostra sinistra, senza poterci fermare neanche qui, ma ripromettendoci di tornare. Ogni isola infatti vorrebbe una sosta di almeno 4 notti: si arriva tipicamente il pomeriggio prima del tramonto, si visitano le baie più belle e l'interno in 2 giorni minimo, si riparte la mattina del quarto giorno per la metà successiva. Di meno avrebbe il sapore delle crociere di massa, quegli insulsi villaggi turistici galleggianti (abusi edilizi veri e propri) che fermano poche ore nei vari "shopping centers" appositamente predisposti, e ripartono senza svelare assolutamente nulla del posto, della coltura del sapore dello spirito del luogo. A 30 miglia da Nevis, Montserrat, devastata e quasi abbandonata dopo una terribile eruzione nel 1995. La passiamo ancora una volta sottovento, intimoriti dall'odore di zolfo e dalle colate che vediamo avere distrutto buona parte della capitale e delle pendici dell'isola. Anche qui sarebbe interessante scendere a Nord, nell'unico scalo praticabile e fare qualche escursione vulcanologica.. Ma il buon vento al traverso e la necessità di arrivare a Guadalupa il 24 per il cambio equipaggio ci spingono oltre. Altre 35 miglia e arriviamo a Deshaies, stanchi per le 75 miglia in meno di 10 ore, ma felici di trovare una baia nota, accogliente tranquilla dove riposare. Ma il fascino della rotta dei vulcani ci richiamerà sicuramente nuovamente in questi mari, con più tempo a disposizione.

ritorno a sud, sulla rotta dei vulcani

Dopo il paradiso delle BVI ci tocca pagare il conto, e che conto.. 200 miglia di bolina, dalle BVI a Guadalupa, per cominciare a ritornare a sud, dove a metà maggio lascieremo la barca per quest'anno, a Trinidad, in secca, fuori dalla fascia degli uragani, in vista di una nuova stagione ai tropici nel 2014. Non è che in assoluto io sia un fanatico della bolina con ventone, anzi, figurarsi quando è contro un aliseo sopra i 20 nodi, con una corrente al traverso di 1 o 2 nodi ed onda oceanica da 2-3 metri. Non vi dico la goduria.. È per questo che di tornare in Mediterraneo, a vela, sulla rotta consueta del Nord Atlantico, 2300 miglia con vento e onda spesso contrari e col freddo di maggio non ne voglio proprio sapere. Molto meglio stare qui, in questi mari stupendi, qualche altra stagione, no? O al limite imbarco il Bulbo Matto su un cargo come fanno in tanti e lo ritiro a La Spezia. Oppure, altri mari e altre isole, chissà.. Comunque sia, ieri prima tappa, la più lunga, da Virgin Gorda a Saba, 86 miglia in un solo bordo di 13 ore, aliseo sempre inchiodato da est da 20 a 25 nodi, onda confusa sui 2 metri, un c... che non vi dico.. Il Bulbo se l'è cavata bene, fiocco piccolo e due mani, velocità media 6,5 nodi, noi molto meno, bagnati e stanchi, partiti alle 3 di notte per arrivare con la luce, alle 5 di pomeriggio. Saba è una specie di Stromboli dei Caraibi, uno scoglio sub-verticale ex vulcano senza baie nè spiagge nè ancoraggi ma fondali, dicono, da sballo, il primo sulla rotta dei vulcani che dobbiamo seguire. Almeno hanno messo delle boe per le barche in transito, ne abbiamo acchiappata una, cibo doccia e sonno, e anche se fuori ci sono state raffiche tutta la notte sui 30-35 nodi, almeno la risacca era diciamo "morbida" senza troppi strattoni. Altro che tropici! Rocce nere, vegetazione aggrappata su pendenze impossibili, mare blu a "palombelle", onde che si frangono continuamente sugli scogli, un nuvolone nero fisso sulla cima, poche case sparse e neanche un'anima viva intorno.. Panorami nordici, sembra la Scozia! Il villaggio, piccolissimo, è in quota, ci si sale da una scalinata o, da pochi anni, per una stradina ripida più di una rampa di garage. Scendere a terra col tender non se ne parla, troppa onda e rocce dappertutto. Ci spostiamo davanti l'unico scalo dell'isola, niente villaggio, solo strutture tecniche, genratore, ecc, ma qui il vento è lo stesso e l'onda anche più forte, le boe sono troppo lontane e nessuno ci viene a prendere. Dopo un pò di esitazione rinunciamo a malincuore a visitare questa isola che più isolata non ce n'è e anche alle immersioni che pure avrei voluto fare, e decidiamo dopo pranzo di continuare. Saba non ci vuole, dovremo tornare un'altra volta..

giovedì 18 aprile 2013

Appunti di navigazione verso le BVI

La navigazione ai Caraibi, abbiamo imparato, alla fine è facile. Intanto perché ė prevedibile, 15-20 nodi più o meno da E, spesso di notte anche meno, qualche breve rinforzo se ci sono piovaschi. E poi perché la prossima isola è lì che ti aspetta, a 20 o 30 miglia di distanza da quella che hai appena visitato, una veleggiata ad un confortevole traverso. Un salto, e sei di nuovo al sicuro, al riparo dalle onde sempre rispettabili dell'Atlantico, dalla sua presenza ingombrante, con le sue 3000 miglia quasi incombenti sulla tua barchetta. La traversata dalle più settentrionali delle Isole di Sottovento, St. Barth, St. Martin o Anguilla al gruppo delle British Virgin Islands regala di nuovo sensazioni oceaniche. Sono 80 miglia di mare aperto, almeno metà senza rassicuranti ripari in vista, onda lunga formata, andatura di poppa o gran lasco all'andata, un duro ritorno di bolina al ritorno. Ritorna la consapevolezza poco gradevole che, dovesse succedere qualcosa, ci sono 1000 miglia sottovento di mare libero prima delle coste dell'America Centrale. La nostra traversata di andata ci ha regalato una media di quasi 10 nodi, planatine sulle onde e gioia velica pura, tanto che la sera, dopo 9 ore di timone in due che siamo in equipaggio, ci siamo sorpresi a ritrovarci sfiniti, senza capire quasi perchè, come se non avessimo fatto granchè tutta la giornata.. Al ritorno per ora preferiamo non pensare. Da queste parti, così a nord, c'è sempre la possibilità di una provvidenziale perturbazione ancora più a settentrione che per qualche ora potrebbe interrompere l'aliseo, regalando un ben più favorevole vento da Nord o da Nord-Ovest. Nel frattempo avremo 3 settimane per goderci questo arcipelago pieno di baie, spiagge e ridossi, di cui racconteremo quanto prima..

Alla scoperta dei paradisi nascosti delle BVI

Le British Virgin Islands sono un paradiso nel paradiso, quanto a colori, mare, baie ridossate, isole deserte. 4 isole maggiori, Tortola, Virgin Gorda, Anegada e Jost Van Dyke ed una trentina di minori, disabitate. Un approdo, un marina o un ancoraggio ogni poche miglia, tanti marina piccoli e più grandi, tutti in stile locale, con servizi, ristoranti, negozietti. Un mare protetto, senza onde oceaniche, barriere coralline molto belle, boe cui attaccarsi, molte gratuite, barracuda, tartarughe, razze, squaletti, aragoste, pellicani e tanti altri uccelli marini a vista ovunque. E sempre l'aliseo gentile a rinfrescare e gonfiare le nostre vele.. Una vera pacchia! L'impronta e l'organizzazione inglese sono evidenti, i mari protetti e soggetti a regolamentazione, ma in salsa caraibica, rilassata ed accogliente. Le barche, soprattutto charter e catamarani sono tante, ma pressoché tutti sono qui per godersi la natura e stare bene ed in tranquillità, senza rumori e discoteche e gli angoli solitari si trovano ovunque. Lontani sono i Caraibi del sud, più folckolistici, rustici, qui le aragoste vanno a 50$ a piatto, ma il godimento diciamo ambientale è veramente al massimo. Dopo 20 giorni a girovagare qui in libertà, è difficile dire se ricorderemo con più piacere i famosi Bath di Virgin Gorda, spiaggette candide tra enormi massi di granito, o le spiaggie infinite di Anegada, di cui si puo fare il perimetro a piedi nudi sulla battigia incontrando forse 4 case, qualche piccolo hotel e ristorante, e molti più pellicani e fregate che turisti. Oppure ancora la rusticità semplice e rilassata (chiassosi a sbevazzoni americani a parte) di Jost Van Dyke. O se abbiamo apprezzato di più le grotte di Norman Island, o la notte all'ancora a Peter Island, o quella solitaria alla remota Great Tobago, sotto un cielo di stelle scintillanti. Oppure ancora la cena di aragosta, perfettamente cucinata a Pomato Point (ancora Anegada) oppure le nuvole immense di avannotti negli anfratti delle scogliere, apparentemente incuranti dei pellicani, dei barracuda e degli altri predatori che li assediavano. I resort esclusivi non mancano, le ville di lusso neanche, alcune isole sono addirittura private, ma non si può dire che la pressione antropica sia significativa nè lo sviluppo eccessivo. Abbiamo passato pomeriggi ad ammirare i pellicani a pesca, da soli su bianche spiagge deserte, passato notti in baie ridossate e silenziose, fatto bagni e nuotate in perfetta solitudine, ore ad osservare la barriera, satura di vita e di colori. Un girovagare senza preoccupazione alcuna, senza orari e senza calendario, assolutamente indimenticabile..