mercoledì 13 febbraio 2019

Isola Isabela, bird santuary


Dopo la sosta senza storia al Marina di Puerto Vallarta, decidiamo di visitare Isabela, un'isoletta a nord che è parco naturale protetto. L'odore aspro del guano ci ha investito una buona mezz'ora prima di arrivare, proprio con l'ultima luce dopo il tramonto, nell'unica baia di questo scoglio a 30 miglia dalla costa pacifica del Messico centrale. Ed è un ancoraggio piuttosto adrenalinico, con l'onda oceanico che ci solleva almeno un paio di metri prima di frangersi con un boato terrificante sulla scogliera lì vicino, accanto a noi, non riusciamo a valutare bene a che distanza. Fortuna che non c'è vento, cosicché non c'è pericolo che l'ancora si metta ad arare e ci costringa a scappare nella notte senza luna. 

Dormiamo comunque con un occhio solo, la barca sballottata dalle onde, l'allarme programmato sul GPS, gli strumenti accesi pronti a qualunque evenienza, ogni due ore fuori a controllare che tutto sia a posto.

L'indomani già all'alba siamo tutti svegli, ammiriamo in silenzio la grandezza dei marosi nella luce che avanza, la scogliera rossa a picco, le migliaia di uccelli già a pesca, le fregate che rubano le prede alle sule, i pesci che balzano intorno. 

Un pescatore di passaggio ci offre di sbarcarci evitandoci l'incomodo ed l'incognita di usare il nostro tender, e subito ci mettiamo in cammino nel bosco arido per la nostra piccola esplorazione. Subito tra le fronde decine di nidi di fregate con i pulcini bianchi spelacchiati grossi come polli che ci guardano curiosi. Poi le sule con i nidi a terra, una femmina ha sotto due uova, scappa facendo la parte dell'uccello ferito, poi una coppia lì vicino intenta in un rito nuziale, col maschio che offre ramoscelli alla femmina, ed entrambi che oscillano la testa su e giù, strofinandosi l'un l'altra, a la scogliera che si apre sulla baia dove Bulbo Matto è ancorato, uno spettacolo di voli, versi, richiami, tuffi..


La natura nella sua massima espressione!

Messico, lungo la costa del Pacifico


Zihuatenejo ė una cittadina 100% messicana, piccola baia chiusa protetta da ogni vento, tre, quattro spiagge intervallate da rilievi rocciosi, palme e mangrovie. Turisti stranieri non tanti, molti quelli locali, sparsi tra gli alberghetti e i ristoranti nei pressi del Malecon, il bel lungomare alberato un pò ruspante che l'amministrazione ha arricchito efficacemente di spazi pedonali, verde e fiori, statue di personaggi locali caratteristici (il campesino, la lavandaia, i niños..) e di un campo da basket per partite serali molto seguite tra agguerrite squadre locali. Negozietti di bell'artigianato e souvenirs sovrabbondano rispetto i potenziali acquirenti che, almeno in questa stagione, equamente divisi con pochissime eccezioni tra americani e canadesi, sono in massima parte tranquilli pensionati che pensano sopratutto a godersi la mitezza del clima, l'ottimo cibo a buon mercato e la musica ad ogni angolo di strada. 

Solo 5 o 6 le barche in rada, noi dall'Italia siamo un'assoluta curiosità, si fermano tutti, ci chiedono la nostra rotta, si fa subito amicizia. Quasi nessuno è un vero navigatore magari in rotta verso le isole del sud Pacifico, piuttosto sono nordamericani che passano qui gli inverni per poi mettere la barca in secca in estate, stagione di troppo caldo e di uragani, e tornare a casa, chi la casa addirittura non ce l'ha qui, da qualche parte di questa costa poco antropizzata, lunga da Tijuana al nord al Guatemala più di 3500 km in linea d'aria. 

Abbiamo già navigato piano piano quasi la metà delle 1400 miglia da Marina Chiapas a La Paz. Dopo Tehuantepec e Huatulco, abbiamo fatto una piacevole sosta a Puerto Angel, paesino turistico e di pescatori, poi una più lunga navigazione ed una piacevole sosta nello stupendo "Clube de yates de Acapulco", città in magnifica posizione e con una stupenda, immacolata spiaggia in una baia ben protetta, tanti albergoni, un mucchio di ville hollywoodiane e un bel clima vacanziero. 


Più tardi tra poche miglia ci hanno raccomandato un ancoraggio notturno ben protetto dietro l'Isla Grande, ma domani ci aspettano due giorni di fila fino alla Bahia de la Navidad. Ci sarebbero altre baie, isolette e spiagge, ma non si può vederle tutte. Magari al ritorno...

Ecco il mare che cercavo!


Dopo 10 giorni di attesa, in parte spesi in un bel giro in auto in questa regione del sud del Messico famosa tra l’altro per le rovine Maya di Palenque e la cittadina coloniale di San Cristobal de las Casas, approfittiamo di una finestra di calma per attraversare il temibile golfo di Tehuantepec dove il vento soffia a 40 nodi è più 300 giorni l’anno, e approdiamo a Huatulco. Cittadina turistica, offre un tratto di costa di una ventina di miglia con una serie di baie deserte che si susseguono, immancabilmente con spiaggia chiara al fondo, divise da speroni rocciosi fittamente boscati. Non siamo in un documentario della BBC, sicchè ė un anno che non piove e il verde è completamente secco e poco fotogenico, ma l'insieme per me è comunque stupendo nella sua varia e vera naturalità. Il governo messicano sembra aver fatto le cose per bene, senza permettere albergoni sulla battigia come ad Acapulco (ormai in ribasso, ci dicono) e lasciando più della metà di questa costa vincolata a Parco, marino e terrestre. Certo, non tutto è perfetto, anzi, quasi niente sentieri naturalistici e invece tracce di quad sulla spiaggia, ma non ci sono rifiuti, neanche per strada (e questa è un'assoluta novità), e in città ci sono prati e verde ornamentale in abbondanza. È stato piacevole stare al piccolo marina, conoscere le storie delle barche vicine, le tante esperienze, ma adesso siamo finalmente partiti, e ad appena 6 miglia dal marina ci siamo solo noi, in una di questa baie deserte. Razze e creature marine che saltano attorno a noi, uccelli a pesca, silenzio totale, temperatura perfetta, dondolio riconciliante, dopo la tensione per la temuta traversata delle 250 miglia del golfo di Tehauntepec, una reputazione molto peggiore del golfo del Leone in inverno da noi. 

Abbiamo adesso davanti 300 miglia di mare abbastanza aperto ma benevolo, a regime di brezze, fino al marina di Acapulco, dove sosteremo il meno possibile. In mezzo bisognerà vedere se sarà possibile una sosta Puerto Angel (turismo locale), e a Puesto Escondido (molto turismo italiano, quello del film per intenderci), altrimenti dritto fino alla famosa Rocca dei tuffi da 40m. 


Poi però le successive 500 fino a Porto Vallarta offrono parecchi ridossi, baie e marina tutti da scoprire e assaporare, tra cui Zihuatenejo che ci dicono immancabile. Intanto invece di un'ora, in questa baia che mi ricorda la insuperabile Bahia Pigña dell'anno scorso in Darièn, ci fermiamo tutto il giorno e la notte, oggi ė luna quasi piena!

I dannati della terra



Il vulcano Tacana, nell'entroterra di Tapachula, segna un tratto del confine tra il Messico ed il Guatemala. Alto 4000 metri, maestoso, fittamente coperto da boschi tropicali, è Riserva della Biosfera da molti anni. Più che da puma e altri animali selvatici che ben meriterebbero di abitarlo (e che probabilmente da qualche parte ancora lo abitano), le sue pendici vengono invece percorse ogni giorno da decine e centinaia di Guatemaltechi, su e giù nella stupenda foresta nublada (cioè immersa nella nebbia per la maggior parte del tempo, e quindi al massimo della umidità e della vegetazione possibile), impegnati in piccolissimi traffici transfrontalieri clandestini. Vengono a vendere verdure e artigianato e a comprare "cositas" da rivendere poi dalle loro parti. Due ore a piedi, giù per un sentiero ridotto a cañón pietroso tra alberi giganteschi, e due ore al ritorno, tutto in salita, con casse o pacchi sulle spalle tenuti con una cinghia alla fronte, come spesso si vede in molti paesi poveri.

Come non pensare ai dannati delle miniere d'oro brasiliane fotografati in "Genesis" da Salgado o alle interviste di "Human" di Jan Arthur Bertrand? Ciascuno di questi uomini potrebbe raccontare una storia, di povertà, di aspirazioni minime, a volte di disperazione. Oppure lasciare una traccia toccante su una pellicola digitale. 


Eppure li guardo, nella mia passeggiata da turista, e sono tutti immancabilmente sereni, curiosi di noi, equipaggio Italo-americano-singaporese, assolutamente dignitosi e dignitosamente vestiti. Ci raccontano da dove vengono, cosa fanno e cosa vendono, e nessuno che si lamenti. "Que le vaya bien!" È il loro immancabile saluto...

Ritorno in barca




Arrivo a Marina Chiapas, vicino la cittadina di Tapachula, che è notte, e la trovo lì placidamente ormeggiata alla banchina del marina, immersa nel silenzio, bella, pulita, mi sembra così grande, mentre la percorro di fianco studiandone ogni dettaglio. Il cantiere sembra aver fatto proprio un buon lavoro a farmela trovare pulita e già alla banchina.

È l'inizio della quarta stagione di Bulbo Matto ai Caraibi, adesso in Messico. E ogni volta che ritorno è uguale, per l'emozione e le aspettative, ed ogni volta è diverso, per il luogo, l'equipaggio, il programma, le difficoltà che mi aspettano. Quest'anno sento ancora di più il distacco, da Laura e dal mio consueto mondo cittadino. Non più cinema, concerti, aperitivi o cene con amici, più o meno con gli stessi problemi (lavoro, figli, stress, politica, ecc). Ma so già che mi passerà, non appena mi riaggiusto alla vita libera del navigatore.

Adesso ho accanto una coppia canadese che mi raccomanda con entusiasmo l'Alaska da cui provengono. Dall'altro lato altre due barche che sono proprio su quella rotta. Peccato che il vento sia costantemente contrario, e che per arrivare a quelle terre del nord ė meglio mettere la prua a ovest, arrivare quasi fino alle Hawaii e poi virare verso nord per un totale di più o meno 4000 miglia!!

Ma qui è bello ritrovare l'aria dei tropici, calda ma confortevole, i rumori della costa, uccelli che si chiamano, pesci che saltano, rane e cicale, e la mia barca con cui riconnettersi, gli spazi, i ripostigli, gli strumenti, i piccoli scrichiolii. Basta TV, traffico, fumo, frastuono, politica, guerra! Intanto arriva anche l'equipaggio per il primo mese, come l’anno scorso trovato tramite i siti web specializzati a far incontrare skipper e barche con marinai: Joe, ragazzone americano che fa il carpentiere in Colorado, e Tatt, maturo architetto di Singapore.

Un cambio di 180° due volte l'anno, da cittadino e navigatore. Mica facile, ma rigenerante!

Solo due giorni fa il traffico di Mexico City, una infinita distesa di auto e camion, case botteghe e centri commerciali, inquinamento di ogni tipo da deprimere qualsiasi ambientalista e sfidare ogni buon senso. Oggi il problema è invece quello di intercettare i tecnici per far loro terminare i lavori che restano da fare (autoclave, elettronica, bombola gas diversa dallo standard di bordo, ecc) e poi partire per mari più balneari, per le balene del mare di Cortes, 1400 miglia più a nord. Speriamo di mollare in 3-4 giorni...

martedì 22 gennaio 2019

Guatemala via terra

Prima di riprendere il mare, Laura ed io ci concediamo due settimane di vacanza in Centro America. Dal letto, zampilli di lava incandescente, proprio di fronte a noi, dall'altra parte della valle. Siamo in estasi, intimoriti dai boati, incantati dallo spettacolo, primordiale eppure eterno. Antigua, antica capitale del Guatemala, chiese e monasteri tutti ridotti in rovina da un terremoto nel '700, sorge sull'altopiano a 1500 metri, ai piedi di tre vulcani, di cui quello "del Fuego" è sempre in attività. Che proprio oggi ha deciso di presentarsi a noi nel suo massimo vigore. Il "resort" che abbiamo scelto per stanotte è quanto di più rustico si possa immaginare: casette di legno minime, essenziali, sparse in una vasta proprietà tutta di avocado, alcune costruite proprio tra i rami di immense querce, nel silenzio tra la foresta e la campagna attivamente e densamente coltivata e abitata dagli indios campesinos, diretti discendenti dei Maya. 

I precedenti due giorni invece, sul lago Atitlan, abbiamo goduto del massimo del lusso, un ecoresort di altissimo livello a goderci una camera con balcone privato, e tramonti magici di fronte altri tre vulcani di questa terra che ne conta in tutto più di trenta.

Certo non è più come quando c'ero stato 35 anni fa, adesso sono auto moto rumori plastica pubblicità rifiuti ovunque, ancor più ossessivi che da noi, ma il mercato di Chchicastenango, affollato di indios nei loro costumi tradizionali, tessuti e ricami colorati, cibi di strada irresistibili, profumi e odori, fiori e ortaggi, è praticamente lo stesso, con le due chiese una di fronte all'altra, ceri, altari Maya alternati a quelli cristiani in una coreografia unica, senza soluzione di continuità.

Oggi ci è toccato attraversare Guatemala City, un incubo di traffico, indicazioni inesistenti, camion bus auto fumo nero e puzza insopportabile, passaggio obbligato sulla nostra rotta verso le rovine di Copan appena oltre il confine con l'Honduras. Ma prima, domani, vogliamo esplorare un altro vulcano, l'Ipala, lago nel cratere e foresta intorno, dicono stupendo. 


Guatemala parte seconda (con escursione in Honduras)

Copan ė insieme a Tikal il sito Maya più importante del mesoamerica. E Copan Ruinas il paesello turistico sorto nelle vicinanze. Tranquillo, stradine in ciottoli di fiume piuttosto sconnessi come quelli di Antigua Guatemala, parecchi alberghi, pochi turisti in questa stagione, in una verde valle tutta boschi e campi, popolata almeno sin dal 1400 avanti Cristo.

Abbiamo lasciato l'auto alla frontiera e l'abbiamo attraversata a piedi, con uno zaino ridotto al minimo, per poi prendere un minibus per i pochi chilometri fino a Copan Ruinas. L'Honduras non ha una gran fama di Paese tranquillo e sicuro, ma questa zona lo è, ed e molto gradevole pure. Visitare le rovine, splendore dei secoli dal VIIIº al XIIº AD, apprendere qualcosa della loro cultura, apprezzare le sculture e i geroglifici, immaginare quei tempi remoti, è stato emozionante. Ma anche passeggiare nella valle dei pappagalli ara rossi gialli e blu e vederli volare in gruppo, raggi di colore nel verde, e poi trovare la temperatura giusta per stare tre ore a mollo nelle acque calde vulcaniche nella foresta, ci hanno fatto molto apprezzare quest'angolo del Paese. 

Tornati in Guatemala, abbiamo evitato alcune cittadine improponibili, commercio e sporcizia e nulla più, e siamo saliti ancora in montagna, sulle pendici della Sierra de las Minas, una Riserva della Biosfera di cui non vi è praticamente nulla sul web, prendendo alloggio in una delle capanne tutte di legno dell'unica struttura turistica (veramente eco..) che abbiamo trovato. Boschi tropicali tutto intorno, prati laghetti e animali in libertà, passeggiate a cercare i quezals (uccelli variopinti simbolo del Paese) e a godere il sole gli alberi ed il silenzio. 


Due giorni, sempre troppo pochi, domani si torna in Messico e poi Laura volerà a casa ed io finalmente a vela!!!

lunedì 14 gennaio 2019

Come si fa a raccontare l'oceano?

L'emozione di una visione, una manta enorme appena sotto la barca, un gruppo di balenottere che ti passa accanto, i coni vulcanici piccoli e grandi di Isabela, gli uccelli marini che si lavano al mattino nella tua baia, la loro pesca in picchiata, il loro sguardo incuriosito quando volano intorno alla barca, il frullo di una minuscola rondine di mare a centinaia di miglia dalla costa più vicina, la luce dell'alba tra le nuvole e di taglio sulle colate nere di lava, le stelle che improvvisamente bucano le nuvole cariche di pioggia e ti avvolgono e si specchiano nelle stelle del plancton attorno a noi.

Come si fa a raccontare tutto ciò? 

L'oceano è tutto questo, è il silenzio della natura, sono le nuvole sempre diverse, le onde che ci spingono a volte ci respingono, il vento capriccioso della zona equatoriale, le albe i tramonti, i pesci le razze le foche i delfini che saltano qui e là, quasi di felicità. Questo è l'oceano, ma ogni momento in oceano è così, una continua sorpresa, una costante felicità, anche nella pioggia e nel buio pesto della scorsa notte, anche nella calda piatta assolata di oggi, perché dopo c'è questo scivolare nel tramonto, anche a 3 nodi, anche a 2, pazienza, il vento verrà, intanto godiamoci il silenzio, l'aria, la luce, la pace di questo momento unico.

PS: questo scritto ieri. Stanotte una stellata stupenda senza luna, all'alba Darwin, l'ultima della Galapagos, con il suo arco sul mare, e adesso un bel vento da 10 nodi e più di uno di corrente, tutto a favore, e pieno sole! Un fantastico andare!


Come si fa a raccontare l'Oceano? Capitolo 2

L'Oceano in questa traversata di 1000 miglia è soprattutto poca aria e tanta variabilità, e quindi tanto lavoro su Bulbo Matto, che sa ben cavarsela con le sue generose vele. E tanto caldo di giorno, e di pomeriggio e di notte spesso rovesci di pioggia come cascate, tuoni e fulmini parecchio inquietanti, groppi di vento da 30 nodi che magari durano mezz'ora e poi calma piatta per ore: una bella scuola di vela!

E allora scruta le nuvole, studia il meteo, vedi se riesci ad evitare un nuvolone nero come la pece, fai camminare la barca anche se ci sono neanche 6 nodi di vento, metti il gennaker, leva il gennaker e vai di genoa, metti terzaroli, leva terzaroli, metti la cerata, chiudi tutti gli oblò, poi apri tutti gli oblò e metti tutto ad asciugare. E poi cucina, pulisci, fatti la barba, aggiusta qualcosa, verifica qualcos'altro, manda una mail col satellitare. Insomma il lavoro non ci manca proprio! Almeno non ci sono onde ed il mare è liscio come il Mediterraneo d'estate! Ma in completa solitudine: neanche una barca né una nave in vista.. 

 E poi bisogna dormire! Ci alterniamo due ore sì e due no, tutte le notti e anche di giorno, appena ci si chiudono gli occhi... 

Meno male che Sam è un grande, uno che ha fatto un giro del mondo in regata, uno che quando esci mezzo stravolto alle 3 di notte per il tuo turno di guardia, quando gli chiedi come va, con la barca forse un po' troppo invelata ed ingavonata che fila a 7 nodi nella notte più buia che puoi immaginare, con la pioggia che minaccia ad i fulmini che scoppiano accecanti poco lontano, con tono felice è capace di dirti: "How does it go? Lovely!"... Solo un inglese può uscirsene con una tale espressione in un momento così e a quest'ora!

Comunque sia, oggi, all'inizio del quinto giorno, siamo circa a metà strada, avendo consumato finora poco più di 100 litri di gasolio dei 400 che abbiamo a bordo. Una media di 5 nodi, 120 miglia al giorno, non male, date le condizioni. Il vento è appena una brezza di 5-8 nodi, ma noi scivoliamo verso nord sulla nostra rotta a 3-5 di velocità. Meno male che da quando siamo partiti abbiamo avuto sempre una robusta corrente a favore!


Come Si fa a raccontare l'oceano? Capitolo 3

E poi ci può essere mal tempo...

La linea dell'orizzonte ieri notte era tutta lampi. Sam mi sveglia e mi invita a studiare la situazione: un bombardamento spaventoso. Proprio di fronte a noi, tra nuvole nere come la pece, inaggirabile, ad una distanza forse di 10 miglia, si poteva solo tornare indietro alle Galapagos. Oppure affrontarlo. Ancora avevamo le stelle sopra di noi, e vento moderato da gran lasco. Non sentivamo ancora neanche un tuono. Ma che sarebbe successo ad entrarci dentro? C'erano 4-5 centri di attività principali, forse con un po' di fortuna ci si poteva passare in mezzo. Ci saremmo arrivati in un paio d'ore o giù di lì. Amici miei che erano stati colpiti da fulmini avevano avuto l'elettronica bruciata, impianti elettrici fuori uso e via discorrendo. Per precauzione mettiamo computer e satellitare dentro il forno: metallico, farà da gabbia di Faraday, proteggendoli. Intanto abbiamo rollato il genoa e rallentato ad osservare l'evoluzione e riflettere sul da farsi. I centri d'attività si spostavano lentamente verso ovest, troppo lentamente. Dopo un po' ci siamo fatti coraggio, abbiamo ripreso velocità e ci siamo diretti lì nel mezzo, provando a calcolare di infilarci tra due di questi. Man mano che ci avvicinavamo, la cosa sembrava possibile, ne abbiamo evitato uno, quello dopo sembrava abbastanza lontano, alla nostra destra. Ci siamo detti: se riusciamo a passare sotto quella coda nera di nuvole forse ce la facciamo, si vedono di nuovo le stelle, dietro.

Ma più ci avvicinavamo e più questa coda nera si ingrandiva e si fondeva con l'ammasso incandescente di nuvole che lo seguiva. A un certo punto i lampi erano così ravvicinati, erano ormai sopra di noi, niente tuoni ma era luce quasi di continuo, un'atmosfera agghiacciante e surreale.

Intanto da tempo avevamo prudentemente ridotto la randa con due mani di terzaroli e rollato metà del fiocco. Viaggiavamo bene, speravamo di esserne fuori presto, anche se l'obiettivo e le stelle dall'altra parte sembravano allontanarsi invece che avvicinarsi.. A un certo punto le nuvole sopra di noi, quelle oltre le quali forse c'era la fine di questo gioco di fuoco, erano così nere e grosse, che ci sembrava di stare passando sotto la campata di un ponte, sotto un tetto di cemento. Istintivamente abbassavamo la testa per non sbatterci contro. 

Invece la sorpresa dell'oceano era proprio lì sotto: un groppo improvviso, gelido, ci piomba addosso, la barca parte a gran velocità, grido a Sam che era al timone di tenere la rotta e di poggiare un po', mi precipito sul rollafiocco e smanetto sul winch, lo tiro dentro a fatica. Poi gli passo la drizza della randa e corro all'albero a tirarla giù, per fortuna scende libera, un cursore dopo l'altro, una gran fatica ma senza intoppi, in un fracasso violento di sbattere di tela. Quando siamo senza vele ci ritroviamo in pozzetto ansimanti ma sollevati, mentre il groppo continua, sicuramente sono più di 50 nodi, spruzzi vaporizzati sopra e intorno, ma ormai non c'è più nessun pericolo. C'è chi ha disalberato per aver ritardato troppo manovre come queste, in simili situazioni. O distrutto vele e attrezzatura. Ci guardiamo negli occhi, la luce certo non manca, batti 5 Sam! Con te potremmo andare ovunque! 

Il resto della notte passa tranquilla, rimettiamo vela a poco a poco. Però il pilota non funziona più, ci tocca stare al timone tutto il tempo. Anche il giorno dopo e l'ultima notte passano tranquille, anche se il sonno e la fatica cominciano a farsi sentire. Sam a un certo punto si è addormentato qualche secondo pure in piedi! Una vera battaglia. Alle 10 della mattina dopo, diamo motore senza più vento, la costa è a 70 miglia ormai e c'è un magnifico sole, praticamente siamo arrivati... 


Anche l'arrivo in porto a Tapachula, Messico, con due metri d'onda, a mezzanotte e con un brutto temporale in avvicinamento è stato piuttosto adrelalinico, ma abbiamo trovato Marina Chiapas bello, con personale disponibile e simpatico, molto caldo ma bella sensazione del rifugio, della sicurezza e del mare ... fermo, finalmente, è impagabile! Sistemato nei giorni successivi Bulbo Matto in secca per quest'anno, siamo volati a casa, con ancora negli occhi e nel cuore questa fantastica, indimenticabile traversata di 1000 miglia in equipaggio ridotto, la mia seconda più lunga, ma certamente la più bella finora...